Programma
        
        Giuseppe Maria Cambini
        Quintetto n. 2 per flauto, oboe,clarinetto, corno e fagotto in re minore
        I Allegro espressivo
        II Larghetto sostenuto ma con moto
        III Presto ma non tanto
        
        Wolfgang Amadeus Mozart
        
        Idomeneo Re di Creta - Harmoniemusik
        Riduzione e trascrizione per ottetto di Johann Nepomuk Wendt
        I Ouverture
        II Aria Padre,Germani, addio
        III Aria Non ho colpa
        IV Aria Se il padre perdei
        V Marcia
        
        
        Ludwig van Beethoven
        Ottetto per fiati in mi bemolle maggiore op.103
        I Allegro
        II Andante
        III Menuetto (Allegro) e Trio
        IV Finale (Presto)
        
        
        flauto Sergio Bonetti, flauto
        oboe I Elisabetta Ruffo
        oboe II Emanuel Vitaliano
        clarinetto I Alba Circosta Garcia
        clarinetto II Alice Fontana
        fagotto I Lorenzo Contaldo
        fagotto II Afredo Altomare
        corno I Federico Mauri
        corno II Stefano Bertoni
        contrabbasso Luca Lombardi
        
 
         
         
      Questa sera il 
      concerto vede tre autori legati tra loro da un filo rosso. Giuseppe Maria 
      Gioachino Cambini, livornese, era nato dieci anni prima di Mozart (quindi 
      era del 1746) e muore nello stesso anno di Salieri (il 1825): artista con 
      un carattere “fumino”, come si direbbe in Toscana, Cambini era uno 
      straordinario violinista e violista. Insieme a Filippo Manfredi (lucchese, 
      violinista e suo maestro), Pietro Nardini (livornese e violinista) e Luigi 
      Boccherini (lucchese e violoncellista), Cambini costituì quello che, con 
      ogni probabilità, era la prima formazione quartettistica italiana. Con 
      loro Cambini girò le corti europee, fermandosi stabilmente a Parigi dopo 
      che nella capitale il genere musicale del quartetto per archi fosse 
      divenuto di moda. Lasciando perdere le leggende che lui stesso fece 
      circolare presso i salotti francesi (ossia un suo presunto rapimento – 
      insieme alla fi danzata – ad opera dei pirati durante una fuga in nave dal 
      porto di Napoli per fuggire ai creditori dopo l’insuccesso musicale di un 
      suo lavoro operistico), Cambini dominò per decenni la scena musicale 
      parigina e (forse volutamente) ignorò la visita che Wolfgang Amadé Mozart 
      fece nella capitale durante il suo “drammatico” viaggio per l’Europa del 
      1777-1778. In verità fu Mozart a mettere in giro il “rumor” che Cambini 
      fosse talmente invidioso delle sue composizioni da cancellarne 
      sistematicamente le esecuzioni a Parigi. Ovviamente la cosa non era vera, 
      ma forse era avvallata dal carattere davvero non facile del Toscano. E 
      Mozart tornò dalla Francia con nessun incarico da parte dei nobili 
      francesi. Lo smacco che Mozart incassò fu duro, ma nel 1781 finalmente 
      potè avere la sua riscossa, con l’esecuzione, a Monaco di Baviera, del suo 
      più grande capolavoro operistico “serio”: Idomeneo, Re di Creta. Per 
      quella corte raffi nata (e con l’orchestra migliore d’Europa) mise in 
      scena uno dei lavori più belli fino ad allora mai visti, ricco di 
      situazioni eroiche, amorose, e con cori di straordinaria espressività. A 
      Vienna – dove poi decise di abitare come “libero professionista” – Mozart 
      non riuscì mai ad ottenere nessuna nomina uffi ciale, nonostante le 
      commissioni operistiche che Giuseppe II (con l’avvallo di Antonio Salieri, 
      e non il contrario come ancora certa musicologia si ostina ad affermare) 
      volle affidargli per i teatri imperiali. A Vienna Mozart dovette quindi 
      vivere con i suoi concerti, con la pubblicazione dei suoi lavori, con le 
      saltuarie commissioni musicali e, soprattutto, con le lezioni private di 
      pianoforte. Tra il gennaio e l’aprile del 1787, in casa sua, prese 
      alloggio quello che doveva essere un nuovo e promettente allievo, un certo 
      Ludwig van Beethoven, da Bonn. Molte leggende sono nate da questo 
      incredibile incontro tra i due giganti, quasi tutte alimentate di primi 
      biografi mozartiani. Che il rapporto allievo-maestro tra i due non fosse 
      andato a buon fi ne era probabilmente dovuto al fatto che Mozart, in quel 
      periodo, era troppo preso dai suoi enormi problemi fi naziari e stava 
      seriamente cercando una sistemazione presso qualche corte europea. Ma è 
      altrettanto evidente tra i due non scoccò quella scintilla che molti 
      speravano potesse farne un formidabile binomio musicale. Infine, in quel 
      periodo, le condizioni di salute della madre di Beethoven volsero al 
      peggio e il ragazzo dovette urgente tornare a casa per accudirla nei suoi 
      ultimi giorni di vita. Beethoven ritornerà a Vienna solo nel novembre del 
      1792, per rimanervi fi no alla morte. È per questa città e per i suoi 
      ricchi mecenati viennesi che egli scrisse, nel 1793 e nel più affascinante 
      stile haydniano, l’Ottetto per fi ati. Dopo qualche esecuzione presso 
      alcuni salotti della nobiltà asburgica, questo lavoro fu accantonato, per 
      essere rispolverato attorno al 1819, in vista di una sua possibile 
      pubblicazione. Ma la cosa avverrà – postuma – solo nel 1830.