Matrimonio segreto

PALAZZO DEI CONGRESSI - STRESA

Settimane Musicali di Stresa e del Lago maggiore



Sabato 4 settembre 2010, ore 20.00

Domenico Cimarosa
Il matrimonio segreto
Realizzazione in forma semi-scenica
Edizioni Universal Music Publishing Ricordi srl - Milano

Carolina - Arianna Vendittelli, soprano
Elisetta - Damiana Mizzi, soprano
Fidalma - Giuseppina Bridelli, mezzosoprano
Paolino - Matteo Falcier, tenore
Robinson - Simon Lim, basso
Geronimo - Marco Filippo Romano, baritono

Orchestra Giovanile Italiana
Andrea Battistoni, direttore

I cantanti sono stati selezionati da Giovani all'Opera di Natale De Carolis
In collaborazione con l'Accademia Musicale di Stresa 2010
Da oltre dieci anni mi dedico alla crescita di giovani cantanti che oggi hanno una brillante carriera e sulla base di questo proposito nasce il progetto dell’Accademia di Canto “Giovani all’Opera”.
Ho spesso detto che non bisogna “far cantare” i giovani bensì “insegnare loro a cantare”.
Questo progetto, alla sua prima edizione, prevede l'approfondimento e la messa in scena de Il matrimonio segreto di Cimarosa, ponendo in luce anche la preparazione teatrale, tecnica e del recitativo, sulla quale questi giovani artisti trarranno gli spunti per poter affrontare il loro impegnativo percorso. Condividendo “gioie e dolori musicali”, sono attesi risultati artistici apprezzabili, anche grazie a sacrifici e a una rigorosa applicazione.
Desidero infondere a questi giovani artisti tutto ciò che è possibile apprendere, ma soprattutto aiutandoli a pensare che il talento non è tutto, e che la voce, se non guidata da giusti pensieri, studio e buona sorte, da sola non basta per emergere. Troppo spesso vediamo talenti che affrontano carriere senza la dovuta preparazione e quasi sempre questa preparazione non è solamente tecnica ma si estrinseca soprattutto nella personalità. Ecco cosa manca talvolta: la giusta personalità, la coscienza dei propri limiti e la percezione che la rinuncia di oggi può essere ricompensata da un brillante futuro. [Natale De Carolis] Tratto da ...


Seguono immagini della serata:
ATTO I -- ATTO II

 

 

IL MATRIMONIO SEGRETO
Dramma giocoso.
musica di Domenico CIMAROSA
libretto di Giovanni BERTATI
Prima esecuzione: 7 Febbraio 1792, Vienna.

PERSONAGGI
Signor GERONIMO ricco mercante di Bologna basso
ELISETTA figlia maggiore del signor Geronimo, promessa sposa al Conte soprano
CAROLINA figlia minore del signor Geronimo, sposa segreta di Paolino soprano
FIDALMA sorella del signor Geronimo, vedova ricca mezzosoprano
CONTE Robinson basso
PAOLINO giovine di negozio del signor Geronimo tenore
La scena è in città, nella casa del signor Geronimo.


[Sinfonia]
 



atto Primo
scena Prima
Sala che corrisponde a vari appartamenti.
Paolino e Carolina.

[N. 1 - Introduzione]



PAOLINO

Cara, non dubitar,
mostrati pur serena.
Presto avrà fin la pena
che va a turbarti il cor.


CAROLINA
Caro, mi fai sperar.
Mi mostrerò più lieta.
Ma sposa tua segreta
nasconderò il dolor.
PAOLINO
Forse ne sei pentita?
CAROLINA
No, sposo mio, mia vita.
PAOLINO
Dunque perché non mostri
il tuo primier contento?


CAROLINA
Perché ogn'or più pavento
quello che può arrivar.
T'affretta, deh! t'affretta
l'arcano a palesar.
PAOLINO
Sì, sposa mia diletta,
ti voglio contentar.
CAROLINA,
Se amor si gode in pace
non v'è maggior contento;
ma non v'è egual tormento
se ognor s'ha da tremar.
PAOLINO

Recitativo
CAROLINA

Lusinga, no, non c'è. La nostra unione
lungo tempo segreta
non può restar. E se si scopre avanti
di quel che ha da scoprirsi,
quale schiamazzo in casa,
qual bisbiglio di fuori, o sposo amato!
Né un trasporto d'amor sarà scusato.
PAOLINO

Dici il ver; vedo tutto.
CAROLINA

Il padre mio
è un uom rigido è ver; ma finalmente
è d'un ottimo cor. In sulle furie
monterà al primo istante
che saper gliel farai;
ma dopo qualche dì certa poi sono,
che pien d'amor ci accorderà il perdono.
PAOLINO

Sì; questa sicurezza
la sola fu che a stringere c'indusse
il nodo clandestino.
Ma senti: oggi la sorte
occasione propizia a me presenta
di svelare il segreto
con meno di timore.
CAROLINA

Dimmi, su, presto. Ah!, mi consoli il core.
PAOLINO

Mi è riuscito alla fine
di poter soddisfare all'ambizione
del signor Geronimo,
che fanatico ognor s'è dimostrato
d'imparentarsi con un titolato.
CAROLINA

E così?
PAOLINO

Sarà sposa
del Conte Robinson, mio protettore,
tua sorella maggiore
con cento mille scudi. Or io d'entrambi
avendo gl'interessi maneggiati,
spero così d'avermeli obbligati.
CAROLINA

Bene, sì, bene assai
il Conte impegnerai
perché sveli a mio padre il nostro arcano.
Ma quando egli verrà?
PAOLINO

Non è lontano.
Lo spero in questo giorno, anzi a momenti.
Ecco qua la sua lettera
che al signore Geronimo
io devo presentar. Ma parmi appunto
di sentir la sua voce.
A casa è ritornato.
CAROLINA

È vero, è vero.
D'esser dunque tranquilla io presto spero.



[N. 2 - Duetto]
CAROLINA

Io ti lascio perché uniti
che ci trovi non sta bene...
(per partire, poi ritorna)
Ah, tu sai ch'io vivo in pene
se non son vicina a te!


PAOLINO

Vanne, sì, non è prudenza
di lasciarci trovar soli...
(per partire, poi ritorna)
Ah, tu sai che il cor m'involi
quando vai lontan da me.
CAROLINA

No, non viene... Sì, sì, adesso.
PAOLINO

Dammi, dammi pria un amplesso.
CAROLINA,

Ah! pietade troveremo
se il ciel barbaro non è.
PAOLINO

(Carolina parte)



atto
Primo
scena
Seconda
Paolino, poi il signor Geronimo.

Recitativo
PAOLINO

Ecco che qui se n' vien. Bisogna intanto
ch'io mi avvezzi a parlare in tuon sonoro
per farmi intender bene.
Di sordità patisce assai sovente;
ma dice di sentir s'anche non sente.

GERONIMO
(ad alcuni servi)

Non dovete sbagliar, gente ignorante.
Che cos'è questo «lei signor Geronimo»?
In Italia i mercanti
che han dei contanti, han titol d'illustrissimo;
e illustrissimo io sono; e va benissimo.
Se poi... (Ad ogni costo
voglio avere un diploma,
che della nobiltà mi metta al rango,
ché chi ha dell'oro ha da sortir dal fango.)
Oh! Paolino caro.


PAOLINO

Ecco una lettera
del Conte Robinson, che, per espresso
inclusa in una mia, venuta è adesso.
GERONIMO

Sì, son venuto adesso. E questa lettera
di chi è? Chi la manda?
PAOLINO
(forte)

Il Conte Robinsone.
GERONIMO

Il Conte Robinson: sì, sì, ho capito.
La leggo volentieri.
(legge sottovoce)
Ah, ah... comincia bene...
oh, oh... seguita meglio...
ih ih! ih ih!... di gioia
mi balza il cor nel petto!
PAOLINO

Ah ah, oh oh, ih ih, così ha già letto.
GERONIMO

Venite, Paolino,
venite ch'io vi abbracci. È vostro merito
la buona riuscita.
Io vi sono obbligato della vita.
PAOLINO

(Questo mi dà conforto.)
GERONIMO

Fra poco il Conte genero
sarà qui a sottoscrivere il contratto.
Elisetta è contessa: il tutto è fatto.
Con Carolina or poi se mi riesce
di far un matrimonio eguale a questo,
co' la primaria nobiltà m'innesto.
PAOLINO

(Questo poi mi dà affanno.)
GERONIMO

Che avete voi? Siete di tristo umore?
PAOLINO

Io? Signor no.
GERONIMO

Che?
PAOLINO

Allegro anzi son io
per queste nozze.
GERONIMO

Bene. Andate dunque
a stare in attenzione
dell'arrivo del Conte; ed ordinate
tutto quel che vi par, che vada bene
per poterlo trattar come conviene.
(Paolino parte)



atto
Primo
scena
Terza
Il Signor Geronimo, indi Carolina, Elisetta, Fidalma e Servitori.

GERONIMO

Orsù, più non si tardi
a dar sì lieta nuova alla famiglia.
Elisetta! Fidalma! Carolina!
Figlie, sorella, amici, servitori,
quanti in casa vi son vengano fuori.

CAROLINA

Signor padre?...
ELISETTA

Signor?...
FIDALMA

Fratello amato?...
CAROLINA

Che avvenne?
ELISETTA

Cosa c'è?
FIDALMA

Che cosa è stato?

[N. 3 - Aria]



GERONIMO

Udite, tutti udite,
le orecchie spalancate,
di giubilo saltate,
un matrimonio nobile
concluso è per lei già.
Signora contessina
quest'oggi ella sarà,
via bacia, mia carina,
la mano al tuo papà.
Che saltino i denari,
la festa si prepari,
godete tutti quanti
di mia felicità.
Sorella mia, che dite?
Che dici tu, Elisetta?


(a Carolina)
Con quella bocca stretta
per cosa tu stai là?
Via, via, che per te ancora
tuo padre ha già pensato:
un altro titolato
sua sposa ti farà.
E stai col ciglio basso?
Non movi ancor la bocca?


Che sciocca! Oimè, che sciocca!
Fai rabbia in verità.
Invidia fai conoscere
che dentro il sen ti sta.
(parte)



atto
Primo
scena
Quarta
Elisetta, Carolina e Fidalma.

Recitativo
ELISETTA

Signora sorellina,
ch'io le rammenti un poco ella permetta,
ch'io sono la maggior, lei la cadetta:
che perciò le disdice
quell'invidia che mostra;
e che in questa occasion meglio faria
se mi pregasse della grazia mia.


CAROLINA

Ah, ah! della sua grazia,
quantunque singolare,
in verità non ne saprei che fare.
ELISETTA

Sentite la insolente?
Io son contessa, e siete voi un niente.


FIDALMA

Eccoci qua: noi siamo sempre a quella.
Tra sorella e sorella,
chi per un po' di fumo,
chi per voler far troppo la vivace,
un solo giorno qui non si sta in pace.
ELISETTA

Qual fumo ho io? Parlate.
CAROLINA

Qual io vivacità, che condannate?
ELISETTA

Non ho fors'io ragione?
FIDALMA

Sì: deve rispettarvi.
CAROLINA

Ho dunque torto io?
FIDALMA

No; non deve incitarvi.
ELISETTA

Che? forse io la incito?
CAROLINA

Che? fors'io la strapazzo?
FIDALMA

No, niente, no: non fate un tal schiamazzo.
CAROLINA

Io di lei non ho invidia;
non ho rincrescimento
del di lei ingrandimento:
sol mi dispiace che in questa occasione
ha di sé stessa troppa presunzione.
(per partire)
ELISETTA

Il voltarmi le spalle a questo modo
è un'altra impertinenza.
CAROLINA

Perdoni se ho mancato a sua eccellenza.

[N. 4 - Terzetto]



CAROLINA

Le faccio un inchino,
contessa garbata.
Per essere dama
si vede ch'è nata,
per altro, per altro,
da rider mi fa.
ELISETTA

Strillate, crepate,
son dama e contessa.
Beffar se volete,
beffate voi stessa.
Per altro, per altro,
or or si vedrà.
FIDALMA

(a Elisetta)
Quel fumo, mia cara,
è un poco eccedente.
(a Carolina)
Voi siete, mia bella,
di troppo insolente.
Vergogna! Vergogna!
Finitela già.
CAROLINA

Sua serva non sono.
ELISETTA

Son vostra maggiore.
CAROLINA

Entrambe siam figlie
d'un sol genitore.
ELISETTA

Stizzosa...
CAROLINA

Fumosa.
[Insieme]

CAROLINA, ELISETTA

Non posso soffrire
la sua inciviltà.

FIDALMA

Finiam questa cosa,
tacetevi là.

FIDALMA

Codesto garrire
fra voi ben non sta.

(Carolina parte)



atto
Primo
scena
Quinta
Fidalma ed Elisetta.

Recitativo


FIDALMA

Chetatevi e scusatela. Tra poco
voi già andate a marito, ella qui resta;
così non vi sarà mai più molesta.
Io mi consolo intanto
del vostro matrimonio; e voi fra poco...
ma zitto... a voi il confido... Ah! No 'l diceste,
per carità.
ELISETTA

Fidatevi, fidatevi
che segreta son io.
FIDALMA

Ve ne consolerete ancor del mio.
ELISETTA

Del vostro?
FIDALMA

Sì, padrona di me stessa,
ricca pe 'l testamento
del mio primo marito,
e in età giovanil, non crederei
che mi diceste stolta
se voglio maritarmi un'altra volta.
ELISETTA

No, cara la mia zia:
anzi fate benissimo, e vi lodo.
Ma un dispiacer ben grande
ne sentirà mio padre,
che vi dobbiate allontanar da lui,
ei che v'apprezza al par degli occhi suoi.
FIDALMA

Eh, quanto a questo poi, potrebbe darsi
che non m'allontanassi.
ELISETTA

Posso saper chi sia?
FIDALMA

No, è troppo presto. Ancor con chi vogl'io
non mi sono spiegata.
ELISETTA

Ditemi questo almeno: è giovinotto?
FIDALMA

Giovane affatto affatto.
ELISETTA

È bello?
FIDALMA

Di Cupido egli è un ritratto.
ELISETTA

È nobile?
FIDALMA

Non voglio
spiegarmi d'avvantaggio.
ELISETTA

È ricco...? Rispondete.
FIDALMA

Troppo curiosa, o cara mia, voi siete.
(Se mi stuzzica ancora un pocolino,
vado or ora a scoprir ch'è Paolino.)

[N. 5 - Aria]



FIDALMA

È vero che in casa
son io la signora,
che m'ama il fratello,
che ognuno mi onora;
è vero ch'io godo
la mia libertà...
Ma con un marito
via meglio si sta.
Sto fuori di casa?
Nessun mi dà pena;
all'ora ch'io voglio
vo a pranzo, vo a cena;
a letto me n' vado
se n'ho volontà...
Ma con un marito
via meglio si sta.
Un qualche fastidio
è ver che si prova:
non sempre la moglie
contenta si trova,
bisogna soffrire
qualcosa, si sa...
Ma con un marito
via meglio si sta.
Mia cara ragazza,
che andate a provarlo,
saprete fra poco
se il vero vi parlo,
voi meco direte,
son certa di già:
che con un marito
via meglio si sta.

(partono)


atto
Primo
scena
Sesta
Nobile appartamento.
Il signor Geronimo e Carolina.

Recitativo
GERONIMO

Prima che arrivi il Conte
io voglio rallegrarti.
Vuol da tutte le parti
oggi felicitarmi la mia sorte.
Senti... Ma ridi prima, e ridi forte.
CAROLINA

Non farei, s'io ridessi,
che una cosa sforzata, e senza gusto.
GERONIMO

Sicuro ci avrai gusto.
Sposa d'un cavalier tu pur sarai:
ora mi venne la proposizione,
e in oggi esser vi dée la conclusione.
Ridi, ridi, ragazza.
CAROLINA

(Oh, me meschina!
Qui nasce una rovina
se Paolin non fa presto.)
GERONIMO

E perché mo non ridi, e te ne stai
con quella faccia tosta?
CAROLINA

Ho dolore di testa.
GERONIMO

S'egli è un signor di testa? È un cavaliere,
e non vuoi che sia un uom ch'abbia talento?
CAROLINA

(Ah! Mi manca il consiglio in tal momento.)



atto
Primo
scena
Settima
Paolino, e detti; poi il Conte, Elisetta e Fidalma.

PAOLINO
(forte)

Signore, ecco qua il Conte.
GERONIMO

Il Conte? Oh! Presto, presto...
rimettiamo il discorso...
scendiamo ad incontrarlo fin abbasso.
PAOLINO

Ecco che ha più di noi veloce il passo.

[N. 6 - Cavatina]



CONTE

Senza, senza cerimonie,
alla buona vengo avanti.
Riverisco tutti quanti
non s'incomodin, non voglio:
complimenti far non soglio.
Sol do al suocero un abbraccio,
(a Fidalma)
servitore a lei mi faccio.
(ad Elisetta)
Dal dover non n'allontano:
bacio a lei la bella mano...
(a Carolina)
Vengo a lei, sì vengo a lei,
che ha quegli occhi così bei...
Paolino, amico mio,
regna sol qui grazia e brio.
Bravo padre! Brave figlie!
Siete incanti, meraviglie,
siete gioie... ma scusate...
ch'io respiri almen lasciate,
o il polmon mi creperà.

ELISETTA,

Prenda pure, prenda fiato,
seguitare poi potrà.
CAROLINA,

FIDALMA

PAOLINO

(Che fa troppo il caricato
non s'avvede, e non lo sa.)
GERONIMO

(L'ho sentito l'ho ascoltato
ma capito non l'ho già.)
ELISETTA,

(Che un tamburo abbia suonato
mi è sembrato in verità.)
CAROLINA,

FIDALMA,

GERONIMO,

PAOLINO

CONTE

(Senza essere affettato
mi distinguo in civiltà.)

Recitativo
CONTE

Orsù senza far punto cerimonie,
ch'io le aborrisco già, suocero caro,
benché la prima volta
questa sia che permesso
mi è di veder l'amabile mia sposa,
pur dicendomi il core
quale fra le tre dive
la mia Venere sia,
con vostra permissione allegro e franco,
io me le vado a situare a fianco.
GERONIMO

Certo sarete stanco, io ve lo credo,
Conte genero amato. Ehi! Da sedere.
CONTE

No, no, non dico questo:
non vo' seder. Son fresco e son robusto,
e il correr per le poste a me non nuoce.
PAOLINO

Convien che alziate un poco più la voce.


CONTE

Con vostra permissione
vado appresso alla sposa
per farle un conveniente complimento.


GERONIMO

Oh, servitevi pure,
che questo, Conte mio, ci va de jure.
Ed io che so che in tali incontri il padre
importuno diventa,
me ne andrò con Paolino
a far qualche altra cosa.
La sorella e la zia stian con la sposa.
(parte con Paolino)



atto
Primo
scena
Ottava
Il Conte, Carolina, Fidalma ed Elisetta.

CONTE

(accostandosi a Carolina)
Permettetemi dunque,
cara la mia sposina...
CAROLINA

Oh, no signore.
Sbagliate. Io non son quella;
quella che ha tanto onore è mia sorella.
CONTE

Sbaglio?
FIDALMA

Sicuramente.
CAROLINA

Di là, di là convien che vi voltiate.
FIDALMA

Di qua, di qua.
CONTE
(a Fidalma)

Signora mia, scusate.
Voi dunque...
FIDALMA

Non signor: sbagliate ancora.

 


CONTE

Sbaglio ancora?
ELISETTA

Sicuro.
Ma che il faccia da scherzo io mi figuro.
Quella son io che il ciel vi diede in sorte:
quella son io che merita l'onore
di stringervi la man, di darvi il core.
CONTE

(Diamine!) Voi la sposa?
ELISETTA

Che vuol dir tal sorpresa?


CONTE

Eh, niente, niente.
Perdonatemi: io credo
che vogliate qui, far, mie signorine,
un poco di commedia. Or via, vi prego
di non voler tirar più a lungo il gioco
(a Carolina)
m'inganno, o non m'inganno?
Siete voi la mia sposa o non la siete?
CAROLINA

No, signor, ve l'ho detto: è mia sorella.
FIDALMA

È questa, è questa.
ELISETTA

Io, sì, signor, son quella.
E vi par forse ch'io...


CONTE

No... ma... scusatemi...
voi dunque certamente?


ELISETTA

Certo.
FIDALMA

Sicuro!
CAROLINA

Indubitatamente.
CONTE

Il core m'ha ingannato
e rimango dolente e sconsolato.

[N. 7 - Quartetto]
CONTE

(Sento in petto un freddo gelo
che cercando mi va il cor.
Sol quell'altra, giusto cielo,
può ispirarmi un dolce ardor.)
ELISETTA

(Tal sorpresa intendo appieno
cosa vuol significar.
Sento in petto un rio veleno,
che mi viene a lacerar.)


CAROLINA

(Freddo, freddo egli è restato:
lei confusa se ne sta.
Così un poco castigato
il suo orgoglio resterà.)


FIDALMA

(In silenzio ognun qui resta,
e so ben quel che vuol dir.
Una torbida tempesta
già mi sembra di scoprir.)


ELISETTA,

(Un orgasmo ho dentro il seno,
palpitando il cor mi va.
Più non vedo il ciel sereno,
più non so quel che sarà.)
CAROLINA,

FIDALMA,

CONTE


(partono)


atto
Primo
scena
Nona
Gabinetto.
Paolino, poi Carolina.

Recitativo
PAOLINO

Più a lungo la scoperta
non deggio differir. Il Conte alfine
è un uom di mondo, un uomo di esperienza,
mi vuol del bene, e mi darà assistenza.

CAROLINA

Ah, Paolino mio...
PAOLINO

Sposa mia cara...
CAROLINA

Di poterti aver solo
io non vedeva l'ora.
Sappi che ogni dimora
è omai precipitosa:
mio padre a un cavalier va a farmi sposa.


PAOLINO

Ci mancava ancor questa
per più inasprirlo al caso!
Ma non perdo il coraggio. Al Conte subito
vado a raccomandarmi.
CAROLINA

Ma se sdegnasse il Conte
d'entrar in questo impegno?
PAOLINO

Di lui punto non dubito,
ma al caso disperato, o cara mia
a' piè mi metterei della tua zia:
sa essa cos'è amore
e del fratello suo possiede il core.
CAROLINA

E te ne fideresti?
PAOLINO

Sì: con bontà mi tratta e con dolcezza,
anzi, quasi direi che m'accarezza.
CAROLINA

In qualunque maniera
non devi differir. Vedi là il Conte.
Cogli questo momento
datti coraggio. Io mi ritiro intanto
tutta, tutta agitata.
T'assista amor, che la cagion n'è stata.
(parte)



atto
Primo
scena
Decima
Paolino, poi il Conte.



PAOLINO

Sì, coraggio mi faccio
giacché solo qui viene.

CONTE

Amico mio, io vo di te cercando
smanioso, ansioso, ch'è di già mezz'ora.
Ho di te gran bisogno.
PAOLINO

Ed io di voi.
CONTE

Sì, quello che tu vuoi: per te son io;
ma prima dir mi lascia il fatto mio.
PAOLINO

Sì signore: parlate.
CONTE

All'amor, Paolino,
che sempre ti ho portato,
sempre tu fosti grato.
Però non serve qui di far preamboli;
ma veniamo alla breve,
che senza fare un giro di parole
ciascheduno può dir quello che vuole.
PAOLINO

Benissimo. Veniamo dunque al fatto.


CONTE

Tu sai che ho già disposto
di richiamarti a casa
fra pochi mesi, e darti del contante
perché tu pur divenga un buon mercante.
Sì, già lo sai: non serve un tal racconto:
ma alla breve, alla breve,
quello che si vuol dir, dire si deve.
PAOLINO

Ebbene, signor mio.
Lo sbrigarvi sta a voi.
CONTE

Sentitemi dunque.
Sia com'esser si voglia,
o per l'una o per l'altra
delle ragioni che non si comprendono,
o sia come si sia,
perché fare gran chiacchiere non soglio,
la sposa non mi piace e non la voglio.
PAOLINO

Che cosa dite mai?
CONTE

Dico assolutamente
che non la voglio.
PAOLINO

E come mai potreste
oggi disimpegnarvene?
CONTE

Facilissimamente.
Invece di sposare la maggiore
sposerò la cadetta:
dei centomila invece per la dote,
sol di cinquanta mille io mi contento:
ecco tutto aggiustato in un momento.
Quella, quella mi piace,
quella m'ha innamorato. Ora, da bravo:
vanne, fa' presto, al padre ciò proponi,
sciogli, concludi, e poi di me disponi.
PAOLINO

(Me infelice!)
CONTE

Cos'hai?
PAOLINO

Niente, signore.
CONTE

Va' dunque, va', fa' presto.
PAOLINO

(Misero me, che contrattempo è questo!)

[N. 8 - Duetto]
PAOLINO

Signor, deh, concedete...
sdegnarvi io non vorrei.
Pensate, riflettete...
il dispiacer di lei,
la civiltà, l'onore,
di tutti lo stupore...
(Ah! Che mi vo a confondere,
ah! più non so che dir.)
CONTE

Tu cosa vai dicendo?
Tu cosa vai seccando?
Non star più discorrendo.
A te mi raccomando:
l'amabile cadetta
mi stimola, m'affretta,
non posso più resistere
mi sento incenerir!
PAOLINO

Quel foco che v'accende
un altro forse offende.
(Ah, sento proprio il core
che in sen mi va a languir!)
CONTE

Quel foco che mi accende
da me più non dipende.
Non sposo la maggiore
se credo di morir.

(partono)



atto
Primo
scena
Undicesima
Sala.
Carolina, poi il Conte.

Recitativo
CAROLINA

Paolino ritarda
con la risposta, ed io l'aspetto ansiosa;
e allor che qualche cosa
con ansietà si aspetta,
ogni minuto vi diventa un'ora.
Ma cosa fa che non ritorna ancora?
Quel pur che vedo è il Conte. Un segno è questo
che il discorso è finito.
Ed ei qui viene senza mio marito?



CONTE

(Non trascuro il momento.) Oh, Carolina!
La sorte è a me propizia,
perché lontani dall'altrui presenza
io vi posso parlar con confidenza...
CAROLINA

Ah! Questo è quello appunto
che bramava ancor io.
CONTE

Lo bramavate, sì? (Ciò mi consola.)
Veramente Paolino
ve lo dovea dir lui;
ma pronta l'occasion trovando adesso,
quello ch'ei vi diria ve 'l dico io stesso.
CAROLINA

Dite, dite, parlate; e voglia il cielo
che le vostre parole
diano al mio cuore di speranza un raggio.


CONTE

(Questa già m'ama anch'essa. Orsù, coraggio.)
Ah! mia cara ragazza,
amor ha un gran poter! Voi che ne dite?
CAROLINA

Quello che dite voi.
CONTE

E quelle debolezze
che vengono da amor, se ancor son strane,
s'hanno da compatir fra genti umane.
CAROLINA

Io sono certamente
del vostro sentimento. Or seguitate,
ditemi tutto il resto.
Se conoscete amor mi basta questo.


CONTE

Quand'è così, stringiamo l'argomento.
CAROLINA

Veniamo pure al punto.
CONTE

Io son venuto
per sposar Elisetta. Ma che serve
che venuto io ci sia
quando non ho per lei che antipatia?
E quando a prima vista
m'avete fatto voi vostra conquista?
CAROLINA

Io! Cosa avete detto?
CONTE

Voi cosa avete inteso?
CAROLINA

È questo solo
quel che avete da dirmi?
CONTE

Questo, sì, questo. E voi che ben sapete
compatir l'amore,
scusando il mio trasporto,
darete all'amor mio qualche conforto.
CAROLINA

E nel momento istesso
di dover adempiere a un sacro impegno
manchereste di fede? Io scuso bene
chiunque si lascia trasportar d'amore,
ma non uno che manca al proprio onore.
CONTE

Oh, oh! Voi date in serio. Ed io tutt'altro
mi aspettava da voi.
CAROLINA

Tutt'altro anch'io
mi credea di sentire.
CONTE

Di sentir cosa?
CAROLINA

Io non ve l'ho da dire.
CONTE

All'onor si rimedia
sposando voi per lei.
CAROLINA

Questa cosa accordar mai non potrei.

[N. 9 - Aria]

CAROLINA

Perdonate, signor mio,
s'io vi lascio, e fo partenza.
Io per essere eccellenza
non mi sento volontà.
Tanto onore è riservato
a chi ha un merto singolare,
a chi in circolo sa stare
con buon garbo e gravità.
Io, meschina, vo alla buona,
io cammino alla carlona,
son piccina di statura,
io non ho disinvoltura,
non ho lingue, non so niente;
farei torto certamente
alla vostra nobiltà.
Se un mi parla alla francese,
che volete ch'io risponda?
Non so dire che Monsiù.
Se qualcuno mi parla inglese,
ben convien ch'io mi confonda,
non intendo che Addidù.
Se poi vien qualche tedesco,
vuol star fresco, oh, vuol star fresco!
Non intendo una parola:
sono infatti una figliuola
di buon fondo, e niente più.
(parte)



atto
Primo
scena
Dodicesima
Il Conte solo.

Recitativo


CONTE

Io resto ancora attonito.
Ha equivocato lei?
Ho equivocato io? Che cosa è stato?
Un granchio tutti qui abbiam pigliato.
Ma io son uom di mondo; e ben capisco
da quel suo dir sagace e simulato
ch'ella già tiene qualche innamorato.
Ma voglio seguitarla,
ma il vo' saper da lei.
Per poter pensar meglio ai casi miei.
(parte)



atto
Primo
scena
Tredicesima
Il signor Geronimo, Elisetta, Fidalma, poi Paolino.

[N. 10 - Finale I]



GERONIMO

Tu mi dici che del Conte
malcontenta sei del tratto.
Quello è un uomo molto astratto,
lo conosco, e ben lo so.


ELISETTA

Ma un'occhiata un po' graziosa
ottenuta pur non ho.
FIDALMA

Trattar peggio co' la sposa
veramente non si può.
GERONIMO

Voi credete che i signori
faccian come li plebei:
voi credete che gli sposi
faccian come i cicisbei,
nossignore, tante cose,
che si dicon smorfiose,
non le fanno, signor no.



PAOLINO

Mio signore, se vi piace
di vedere l'apparato,
tutto quanto è preparato
con gran lustro e proprietà.


GERONIMO

Come? Come? Cos'ha detto?
PAOLINO
(parola per parola, forte)

Tutto... quanto... è preparato...
nella... sala... del banchetto...
con gran lustro... e proprietà.
GERONIMO

Vanne al diavolo, balordo!
Qua si crede ch'io sia sordo?
Non patisco sordità.
[Insieme]

GERONIMO

Andiam subito a vedere
la gran tavola e il dessere,
che onor grande mi farà.



ELISETTA, FIDALMA, PAOLINO

Andiam subito a vedere
la gran tavola e il dessere,
che onor grande vi farà.


(partono)



atto
Primo
scena
Quattordicesima
Carolina, ed il Conte.

CAROLINA

Lasciatemi, signore,
non state a infastidirmi.


CONTE

Se libero è quel core
vi prego sol di dirmi.
CAROLINA

Che non ho amante alcuno
vi posso assicurar.
CONTE

Voi dunque la mia brama
potete contentar.
CAROLINA

Lasciatemi, vi prego,
lasciatemi, deh! andar.
CONTE

Non lasciovi, mia bella,
partir da questa stanza
se un raggio di speranza
non date a questo cor.
(in questo, Elisetta in disparte)
CAROLINA

Tornate, deh!, in voi stesso.
CONTE

Mio ben, v'amo all'eccesso.
CAROLINA

Pensate a mia sorella.
CONTE

Per lei non sento amor.
S'io sposo voi per quella
non manco già al mio onor.



atto
Primo
scena
Quindicesima
Elisetta, che si avanza, e detti; poi Fidalma.

ELISETTA

No, indegno, traditore.
No, anima malnata!
No, trista disgraziata,
mai questo non sarà.
Per questo tradimento
che mi si viene a fare.
Io voglio sussurrare
la casa e la città.
CONTE

Strillate, non m'importa.


CAROLINA

Sentite...
ELISETTA

No, fraschetta.
CAROLINA

Ma prima...
ELISETTA

Vo' vendetta.
[Insieme]

CAROLINA

In me non c'è reità.

ELISETTA

Che nera infedeltà!

CONTE

In lei non c'è reità.


FIDALMA

Che cosa è questo strepito?
ELISETTA

Di fede il mancatore
con essa fa all'amore,
ed or li ho colti qua.
FIDALMA

Uh! uh! Che mancamento!
Non credo a quel che sento.
[Insieme]

FIDALMA

Io voglio esaminare
il fatto come sta.

CONTE

Lasciamola strillare:
non me ne curo già.

ELISETTA

Io voglio sussurrare
la casa e la città.

CAROLINA
(a Fidalma)

Deh, fatela acchetare
che il vero ella non sa.




atto
Primo
scena
Sedicesima
Il signor Geronimo, che sopraggiunge, e detti; poi Paolino.

FIDALMA

Silenzio, silenzio
che vien mio fratello.
Usate prudenza,
abbiate cervello.
L'affare delicato
è troppo da sé.



GERONIMO

Sentire mi parve
un strepito, un chiasso.
Che fate? Gridate?
Ovvero è per spasso?
Che cosa è accaduto?
Ognun qui sta muto?
Di dirmi vi piaccia
che diavolo c'è.

PAOLINO

(La cara mia sposa
dal capo alle piante
mi sembra tremante.
Oh povero me!)
[Insieme]

GERONIMO, PAOLINO

(Che tristo silenzio!
Sospetto mi viene.
Vi son delle scene:
saperlo si de'.)



ELISETTA, CAROLINA, FIDALMA, CONTE

(Che tristo silenzio!
Così non sta bene.
Parlare conviene:
parlar si de'.)


GERONIMO
(a Carolina)

Orsù, che cosa è stato?
Lo voglio saper bene.
CAROLINA

La cosa sol proviene
da certo mal inteso
(additando Elisetta)
equivoco ha lei preso,
e il Conte il motivò.
ELISETTA

No, non è vero niente.
La cosa è differente.
Parlate con mia zia,
che anch'io poi parlerò.
FIDALMA

Sappiate, fratel mio,
che qui ci sta un imbroglio;
ma adesso dir no 'l voglio,
che bene ancor no 'l so.
GERONIMO

Io non capisco affatto.
(tirandolo da una parte)
CONTE

Sappiate, con sua pace,
la sposa non mi piace
la sua minor sorella
è assai di lei più bella.
Ma poi, ma poi con comodo
il tutto vi dirò.
GERONIMO

Eh! Andate tutti al diavolo,
ba, ba, ce, ce, sì presto...
[Insieme]

PAOLINO

Ma che mistero è questo,
chi intendere lo può?

GERONIMO

Un balbettare è questo,
chi intendere lo può?


ELISETTA,

Le orecchie non stancate,
affanno non vi date.
Da me, da me saprete
qual sia la verità.
CAROLINA,

FIDALMA,

CONTE

GERONIMO



La testa m'imbrogliate.
La testa mi fendete.
Tacete, deh, tacete!
Andate via di qua.
PAOLINO

Per imbrogliar la testa
che confusione è questa.
Capite, se potete,
qual sia la verità.

(partono)



Fine ATTO I

 

ATTO I -- ATTO II

 

Il matrimonio segreto o il segreto di un successo
Fu il bis più lungo della storia dell’opera. Quel 7 febbraio 1792, al Burgtheater di Vienna, Il matrimonio segreto di Domenico Cimarosa, libretto di Giovanni Bertati, tanto piacque al sacro e romano Imperatore Leopoldo II che il cesare tedesco invitò a cena tutti gli interpreti e, rifocillatili, ordinò che l’opera venisse interamente ripetuta. A Mozart, che era morto solo pochi mesi prima, non era mai capitato nulla del genere. Certo, si potrebbe metterlo in conto alla congenita sordità di una città, Vienna, che passa per capitale della musica ma dove tutti i genii della musica sono sempre stati trattati malissimo.
Ma, in realtà, il successo di Cimarosa allora fa capire quello di Mozart oggi. Troppo sulfuree, eroticamente intense, socialmente pericolose, moralmente discutibili erano le tre opere della “trilogia” dapontiana (Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte), del resto volute e usate dal fratello e predecessore di Leopoldo, Giuseppe II, per la sua ambigua e alla fine fallimentare politica di riforme, anche culturali. Cimarosa, con quello che è da sempre considerato il suo capolavoro e, non a caso, è l’unica sua opera rimasta costantemente in repertorio fino ai nostri giorni, era molto più rassicurante, rispettoso delle regole, borghesemente bonario. Fin dalla storia, il solito matrimonio segreto fra tenore e soprano giovani, belli e spiantati, del principale di lui ovviamente basso buffo con pretese da nouveau riche, della sorella di lei che pure si deve maritare, con l’aggiunta di un “milordo” inglese di passaggio a Bologna (l’opera si svolge lì, una città cordiale, godereccia, poco introspettiva come quest’opera) e di una vecchia zia. Una vicenda destinata in partenza al più scontato degli happy end e condita con una musica amabile, efficace, morbida, spesso deliziosa, sempre scorrevolissima e dominata da quell’affettuosità cantabile che era il marchio di fabbrica della scuola napoletana. “Prima che spunti in ciel l’aurora”, l’aria di Paolino, è già pronta per entrare nella hit parade delle seduzioni tenorili, dove infatti è sempre rimasta.
Non stupisce allora che Cimarosa piacesse più di Mozart, che solo pochi mesi prima, con La clemenza di Tito, aveva composto l’ultimo vertiginoso ma “difficile” capolavoro destinato proprio a quel Leopoldo appena cinto di una delle sue tante corone, quella di Re di Boemia. Cimarosa, e con lui ma meno di lui (Paisiello a parte) tutti i suoi colleghi commessi viaggiatori per l’Europa dei Lumi dell’opera buffa italiana, erano decisamente più tranquilli, sereni, “facili”. E tanto piacevoli che, due secoli abbondanti dopo, continuiamo a farcene sedurre con immutato piacere. [Alberto Mattioli] Tratto da ..
 

http://it.wikipedia.org/wiki/Il_matrimonio_segreto

http://www.librettidopera.it/matr_segr/matr_segr.html

 


 

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