Annunciata

 

Ex Convento della Annunciata - Abbiategrasso (MI)

Organizzato da Assessorato alla Cultura Comune di Abbiategrasso
in collaborazione con Comune di Morimondo

Stagione 2011-2012

Venerdì 25 maggio 2012 ore 21.00

7° CONCERTO

Primavera Mozartiana

Accademia di Fiati dell'Annunciata
Gordon Fantini, fagotto
Tomoko MacIntyre, clarinetto (K 622)
Elisabetta Ruffo, oboe
Francesca Gelfi, clarinetto (K 297b)
Federico Mauri, corno

Sergio Delmastro, direttore
Sergio Bonetti e Carlotta Retri, Hauti
Francesco Gelfi e Marco Danesi, clarinetti
Gordon Fantini e Martina Lando, fagotti
Simona Carrara, Stefano Laluce e Stefano Bertoni, comi
Francesco Alleva e Daniele Arzuffi, oboi
Caterina Flores, viola
Lucia D'Anna, violoncello
Stefano Morelli, contrabbasso

La clarinettista giapponese (ma vive negli USA) Tomoko MacIntyre è stata
 la vincitrice per la categoria "clarinetto" della Chieri International Competition 2011.

Commenti:

grazie Mario. Bellissimo servizio! Un caro saluto Sergio Delmastro

Programma

Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Concerto in si bemolle maggiore per fagotto K 191
Sinfonia Concertante in mi bemolle maggiore per oboe, clarinetto, corno e fagotto K297b
Concerto per clarinetto in la maggiore K622


Seguono immagini della serata:

 


Concerto in si bemolle maggiore per fagotto K 191
Gordon Fantini, fagotto


Concerto per clarinetto in la maggiore K622
Tomoko MacIntyre, clarinetto


Sinfonia Concertante in mi bemolle maggiore per oboe, clarinetto, corno e fagotto K297b
Gordon Fantini, fagotto
Elisabetta Ruffo, oboe
Francesca Gelfi, clarinetto (K 297b)
Federico Mauri, corno

 

 

GORDON FANTINI Fagotto
Nasce a Milano il 21 Giugno del 1990. Frequenta il III° anno del Triennio presso il Conservatorio G. Verdi di Milano nella classe di Fagotto del M° Leonardo Dosso e conseguirà il Diploma nel Giugno 2012. Oltre a numerosi concerti, in Milano e nel Trentino, ha partecipato a progetti teatrali, in qualità di fagottista, che hanno visto come protagonista Corrado Tedeschi e la “Compagnia del Théâtre Français de Milan! ”nel 2009. Nel Novembre/ Dicembre 2009 è uno dei fondatori del Quintetto di fi ati “Respighi Quintett” che ha avuto già modo di esibirsi presso la Sala Puccini del Conservatorio di Milano e in altre sale milanesi. Diviene primo fagotto dell’Orchestra Filarmonica Italiana nel dicembre 2010 facendo diversi concerti in importanti sale di città italiane come Biella, Aosta, Ventimiglia. Si è esibito anche presso la Casa Verdi a Milano con il “Respighi Quintett” riscuotendo un grande successo. Nell’anno accademico 2010/2011 vince l’audizione per frequentare i corsi di Alta Formazione presso l’Academy Excelsior di Pescara, tenuti da maestri di grande fama, avendo l’opportunità di frequentare le lezioni del M° F. Bossone. Nello stesso periodo entra a far parte della stagione dei concerti dell’Accademia dell’Annunciata di Abbiategrasso con la quale si esibisce in diverse formazioni: orchestra, ottetto, quintetto e nel maggio 2011 si esibisce in qualità di solista con il Concerto per Fagotto e Orchestra “La Notte” di Vivaldi. Nel 2011 registra per conto di RaiRadioTre brani di Riccardo Malipiero, con l’ensemble di musica contemporanea del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, composto dagli studenti più meritevoli. Registrazioni mandate in onda il 4 Marzo 2012 sulla medesima emittente. È primo Fagotto nelle produzioni operistiche di Carmen e Bohème con l’orchestra del Teatro dell’Opera di Milano. Nel settembre 2011 vince l’audizione per fagotto presso l’Accademia dell’Annunciata di Abbiategrasso con la quale avrà modo di esibirsi, nel maggio 2012, in qualità di solista con il Concerto per Fagotto e Orchestra di W.A.Mozart K.191 e la Sinfonia Concertante per Fagotto, CCorno, Oboe, Clarinetto e Orchestra.


NOTE DI SALA a cura di Paolo Zeccara

Serata mozartiana particolarmente interessante questa che ci viene proposta dall’Accademia. Ascolteremo tre concerti con fiati che “fotografano” perfettamente quelli che si possono definire i tre momenti artistici del compositore austriaco. La prima fase artistica, quella legata a Salisburgo e ai viaggi che la famiglia Mozart (poi solo Wolfgang e Leopoldo in Italia e, successivamente, Wolfgang e la madre Anna Maria in Francia) è rappresentata dal Concerto K 191 per fagotto e orchestra; la seconda fase, quella di transizione, che va dal disastroso viaggio a Mannheim e Parigi compiuto tra il 1777-1780 (dove improvvisamente perderà la madre) alla rappresentazione dell’Idomeneo a Monaco (29 gennaio 1781) è rappresentata dalla Sinfonia Concertante K 297b; e infine la terza e ultima fase, quella della sua vita viennese, ricca di sì di grandi soddisfazioni ma anche di cocenti delusioni non poteva essere meglio rappresentata dal suo estremo concerto Clarinetto e orchestra K 622, scritto contemporaneamente al Requiem e al Flauto magico.
Sono tre stili mozartiani decisamente diversi che vedono in modo ancor più inequivocabile, confronto gli altri generi musicali affrontati da Mozart, la progressiva maturazione artistica del giovane compositore proprio perché sono lavori destinati a virtuosi che vivevano al di fuori della stretta cerchia familiare. Lo scrivere concerti per pianoforte o per violino significava commisurare le difficoltà secondo le proprie capacità musicali, anche quando quei lavori erano stati scritti per gli allievi. Con i concerti per fiati, Mozart ha invece la necessità di mettersi in gioco con il mondo esterno alla famiglia, deve conoscere molto bene le doti musicali dei musicisti ai quali destinare la partitura.
Il primo approccio con questi virtuosi non è stato brillante, anzi!
Andreas Schachter era il valentissimo trombettista di corte e grande amico di Leopold, ma ogni volta che egli suonava la tromba in casa Mozart (anche solo per scherzo) il piccolo Wolfgang scoppiava in lacrime: il compositore non scriverà mai un concerto per questo strumento, anche se pare sia andato perduto un lavoro giovanile per tromba e orchestra. Il primo concerto per strumento a fiato di Mozart che ci sia pervenuto risale al 1774 ed è stato scritto per fagotto. Sono sempre le documentate ricerche del Centro studi Mozartiani di Salisburgo che ci informano attorno ai quelli che dovevano essere ben tre i concerti per fagotto scritti da un diciottenne Wolfgang, ma solo questo ci è pervenuto in una fortunosa copia (l’autografo è andato perduto) di sicura autenticità. Il committente, e siamo ancora nel campo delle ipotesi, era un nobile salisburghese, il barone Thaddäus von Du¨rnitz, ottimo dilettante di fagotto e “collezionista” di autografi mozartiani.
Il concerto è scritto nello stile galante, tipico di quel periodo e, seppur non abbia ancora tutte quelle caratteristiche di originalità che invece contraddistingueranno i lavori di Mozart dopo il 1779, la solarità e l’inventiva mozartiana eleva questo lavoro ben al di sopra di pagine similari scritte, ad esempio, da Carl Heinrich Graun o Carl Philipp Emanuel Bach, due autori che ci hanno lasciato concerti per fagotto di grande interesse. Il viaggio a Mannheim e Parigi che Mozart fece con la madre tra il 1777 e il 1780 fu un disastro, sia per la sua immagine musicale che per quella umana. Lasciato “libero” dal padre Leopold per cercare fortuna presso le più prestigiose corti europee (e per “libero” intendiamo dal giogo psicologico che Leopold imponeva al figlio, così sicuro com’era che il ragazzo, a parte lo scrivere musica bellissima, era un totale incapace) ma affiancandogli la presenza della madre che avrebbe dovuto vegliare sulla sua sventatezza, Mozart dimostra purtroppo di essere un pessimo manager di se stesso. Dispersivo in modo preoccupante (si innamora del soprano Aloysia Weber – la sorella più avvenente di quella che poi sarà sua moglie, Constanze – e progetta con lei una lunga, inverosimile tournèe per l’Europa per concerti, non immaginando neppure che con tali idee la fame era assicurata), arrogante oltremodo (si lasciò malissimo con la famiglia del borgomastro di Augsburg, sbattendo loro la porta in faccia!) e fatuo come un ragazzino, Mozart non ottenne né scritture, né commissioni importanti. Soprattutto non ottenne alcun incarico presso gli ambiti Concert spitituel diretti da Joseph Legros (un vero lungimirante in fatto di mode musicali, che prese il posto del famosissimo François-Joseph Gossec) che anzi gli consigliò addirittura di lasciare Parigi, città che non lo avrebbe mai amato.
Mozart addusse il comportamento ostile di Legros alle cabale dell’Italiano Giuseppe Maria Cambini, un autentico beniamino del pubblico francese. Cambini era un musicista straordinario, ricchissimo di fantasia e di gusto (ma con un carattere particolarmente spinoso), maestro indiscusso del genere della sinfonia concertante, ossia un concerto che di norma prevedeva due o più solisti. È su questo terreno che Mozart intendeva sfi dare l’Italiano e grazie alla presenza a Parigi di quattro amici che venivano dal teatro di corte di Mannheim (il flautista Johann Baptist Wendling, l’oboista Friedrich Ramm, il cornista Jan Vaclav Stich – più noto col il nome italianizzato di Giovanni Punto – e il fagottista Georg Wenzel Ritter) compose una Sinfonia concertante proprio per loro. Le cosiddette cabale di Cambini (ma è solo Mozart a pensarlo) fanno però in modo che la composizione non venga eseguita, con grande scorno e dispetto del Salisburghese, e da quel momento della partitura originale si perdono le tracce.
Mozart risentito per il trattamento ricevuto da Legros, scrive il 3 ottobre del 1778 una lettera infuocata al padre, dove maltratta tutti i Francesi per il loro pessimo gusto musicale e gli Italiani, capaci solo di tramare tradimenti e inghippi; e a lui dichiara di avere riscritto a memoria la “scomparsa” Sinfonia concertante, ma neppure di questa seconda stesura si è trovata traccia. Improvvisamente, nel 1928, il musicologo Friedrich Brume pubblica questa partitura dichiarandola come autentica, nonostante l’evidente discrepanza tra quella che doveva essere la versione di Parigi (col fl auto) e quella data alle stampe (con il clarinetto al posto del flauto). Da questo momento gli studi musicologici non hanno cessato di parlare, di dare giudizi e opinioni su questo lavoro, al punto che l’ultima versione del famoso catalogo Köckel (del 1971) e la Neuen Mozart-Ausgabe (del 2001) lo inseriscono tra le composizioni spurie.
Per fortuna, a dispetto della sua nuova e “defilata” posizione nel catalogo, la ricerca musicologica non ha smesso di interrogarsi su queste pagine, indagando sull’anonimo manoscritto conservato presso la Biblioteca di Stato di Berlino e giungendo talvolta a clamorose conclusioni. Su tutte spicca l’affascinante supposizione di Robert Levin, il celebre musicologo e fortepianista americano che nel 2002 asserisce che Mozart lavorò solo ad una parte della composizione (le quattro parti soliste) mentre la versione orchestrale era di un altro autore (ancora sconosciuto): si trattava probabilmente di una commissione voluta non già dal quartetto di fiati che veniva da Mannheim, ma dai solisti che eseguivano le Harmoniemusik dell’imperatore Giuseppe II (gli stessi che suonarono con lui il superbo Quintetto per pianoforte e fiati K 452) e tra i quali spiccava Anton Stadler, il clarinettista grande amico di Mozart. Malcontento di un lavoro concertistico che poco metteva in evidenza le virtù musicali dei quattro strumentisti, probabilmente Anton Stadler chiese a Mozart di riscrivere tutta la parte dei quattro solisti, lasciando praticamente inalterata la parte orchestrale ed evitare così un affronto al compositore originario. Tutta la storia di questo lavoro andrebbe dunque spostata agli anni 1782-1783, quando Mozart divenne amico del famoso clarinettista viennese.
È una ipotesi fantasiosa? La serietà degli studi di Levin ci mette al riparo da dubbi e ripensamenti… Siamo ora nel 1789 e ci troviamo a ridosso della fase più critica della ispirazione mozartiana, un periodo di forte crisi, acuita soprattutto dai debiti e dal calo di popolarità che Wolfgang soffre nella sua amatissima Vienna. A nulla vale l’ultimo viaggio verso Berlino insieme a colui che diventerà uno dei maggiori mecenati di Beethoven, il principe Lichnowsky – che citò in giudizio Mozart per debiti, vincendo la causa il 9 novembre 1791, pochissime settimane prima della morte del compositore – dato che l’imperatore Federico Guglielmo di Prussia, pur riconoscendo il valore musicale di Mozart, di fatto gli commissiona “solo” sei quartetti per archi (il compositore, intascando la prima parte del compenso, gliene scriverà solo tre…).
Il 1791, al contrario di quanto raccontano molte biografi e, si apre per Mozart sotto ottimi auspici: anzitutto si profila all’orizzonte la possibilità di scrivere un’opera il lingua tedesca (un singspiel, genere che Mozart amava moltissimo, e sarà Il fl auto magico) grazie alla collaborazione del commediografo e attore Emanuel Schickaneder, e prosegue la fortunata composizione dei balli che venivano dati alla Redoutensaal di Vienna, per i quali era pagato assai lautamente. Impaginazione_1.indd 32-33 21/11/11 11.56 34 Mozart stava lentamente tornando in auge presso il pubblico viennese, grazie ad una serie di piccoli lavori che però lo mettevano in buona luce presso la ricca borghesia. Il suo rapporto con le logge massoniche era eccellente, sparisce l”inimicizia” con Salieri (sempre dichiarata dai biografi ma mai valutata con serietà) per lasciar posto in una serie di reciproci favori che vede Mozart in prima fi la per le future composizioni presso il Teatro di Corte di Vienna. In questo clima, l’amicizia con Anton Stadler stimola artisticamente Mozart che scrive per lui le diffi cili parti solistiche per corno di bassetto dell’opera La clemenza di Tito e il magnifico Concerto per clarinetto e orchestra K 622. In quel periodo il clarinetto si presentava in una foggia appena diversa da quella attuale (lo strumento di oggi raggiunge le attuali possibilità musicali solo verso la metà dell’800) e il lavoro è stato considerato fi n da subito un’opera fondamentale del repertorio clarinettistico.
Non tutti sanno che, ancora una volta, la versione a noi nota non è quella originale di Mozart.
Il manoscritto fu dato in pegno a Stadler, probabilmente a saldo di un debito o (come pare essere in realtà la vicenda) come copertura per un investimento finanziario; sta di fatto che è andato perduto. Quello che oggi si esegue è la versione che l’editore Siebert di Parigi pubblicò nel 1801 trasportandone la tonalità (probabilmente l’impianto tonale originario era sol maggiore) e la destinazione del solista, da corno di bassetto (o clarinetto basso) a clarinetto. Solo Stadler poteva suonare in quel periodo questi strumenti in tal modo da non avere rivali a Vienna. Si deve a due lavori scritti per corno di bassetto e dedicati a Stadler da Franz Xaver Su¨ssmayr e da Joseph Leopold Eybler – entrambi allievi di Mozart ed entrambi co-autori del completamento del celebre Requiem K 626 – il sospetto, subito fatto proprio da molti musicologi, che anche il K 622 fosse stato scritto per questo strumento. È di un lavoro di rara bellezza e sobrietà, testimone di quella nuova via musicale che Mozart aveva intrapreso con la composizione del Concerto per pianoforte K 595 del 1790 e conclusosi bruscamente col Requiem. Tutto è semplicità, intimità, chiarore, intima allegria, che – come sempre in Mozart – talvolta lascia spazio alla malinconia, alla nostalgia, all’introspezione. Il modo che Mozart aveva di sedurre l’ascoltatore con melodie di disarmante bellezza e intimità, qui raggiunge il proprio apice grazie ad un Adagio che ha il sapore di un commiato, ha la carica struggente di un addio. Non c’è dramma o tragedia, solo una serena rassegnazione, assai ben “interpretata” dal suono caldo e brunito del clarinetto. Ma è anche e soprattutto lavoro di incredibile modernità, che lancia un ponte ideale con la musica biedermeier di Schubert e al primo Romanticismo di Mendelssohn.

 

  Stagione 2011-2012


 
 


 
 

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