Milano Pop (art)

 

Palazzo Lombardia - Via Galvani, 27 Milano
Fermata MM2 Gioia o Centrale

Inizio giovedì 04 aprile 2019 Fine mercoledì 29 maggio 2019
a cura di Elena Pontiggia

SPAZIO ESPOSITIVO DI PALAZZO LOMBARDIA
MILANO POP
POP ART E DINTORNI NELLA MILANO
DEGLI ANNI 60/70

Milano Pop Art

Milano Pop. Pop Art e dintorni nella Milano degli anni '60/'70", a cura di Elena Pontiggia. La mostra è visitabile da lunedì a venerdì dalle 11 alle 19, sabato e domenica dalle 15 alle 19. L'esposizione è promossa da Fontanasedici S.r.l. in collaborazione con Regione Lombardia, Collezione Koelliker, Arteutopia, Associazione Sergio Sarri, Associazione Giangiacomo Spadari.


PROGRAMMA e NOTE :

Date 4 aprile - 29 maggio 2019
MILANO POP. Pop Art e dintorni nella Milano degli anni '60/70
A cura di Elena Pontiggia
Sede Spazio Espositivo di Palazzo Lombardia, via Galvani 27, Milano
Inaugurazione mercoledì 3 aprile ore 18.30
Orari lunedì-venerdì ore 11-19; sabato-domenica ore 15-19; chiuso Pasqua, Lunedì dell'Angelo, 25 aprile e 1 maggio
Ingresso libero

Info pubblico milanopop@f16arte.it
Pagina Facebook www.facebook.com/MostraMilanoPop
Hashtag ufficiale #MostraMilanoPop

La collettiva muove da un panorama della Pop Art italiana con i grandi protagonisti della corrente, da Mario Schifano a Tano Festa, da Mimmo Rotella a Giosetta Fioroni e Concetto Pozzati, per poi concentrarsi sull'ambiente milanese con Valerio Adami, Enrico Baj, Paolo Baratella, Gianni Bertini,Fernando De Filippi, Lucio Del Pezzo, Umberto Mariani, Silvio Pasotti, Sergio Sarri, Giangiacomo Spadari, Tino Stefanoni, Emilio Tadini. Accompagna l'esposizione un approfondito catalogo con testo critico di Elena Pontiggia e altre interviste inedite agli artisti.
Sono inoltre previste due visite guidate d’eccezione con alcuni tra gli artisti in mostra per giovedì 9 e giovedì 23 maggio alle ore 19, ad ingresso gratuito (prenotazione obbligatoria: milanopop@f16arte.it ).


Lo Spazio Espositivo di Palazzo Lombardia a Milano, sede della Regione, accoglie la mostra "MILANO POP. Pop Art e dintorni nella Milano degli anni '60/70" dal 4 aprile al 29 maggio 2019, a cura di Elena Pontiggia.
L'esposizione è promossa da Arteutopia e dalle Associazioni Sergio Sarri e Giangiacomo Spadari in collaborazione con Regione Lombardia, Collezione Koelliker e Fontanasedici S.r.l. La mostra rientra tra le iniziative della Milano Art Week organizzata dal Comune di Milano in collaborazione con miart.
Il percorso espositivo, che si snoda in diverse sale, approfondisce un segmento di storia recente del nostro Paese, gli anni Sessanta e Settanta, attraverso una cinquantina di lavori - molti dei quali inediti - dei principali protagonisti milanesi della Pop Art, movimento artistico che più di ogni altro ha saputo esprimere le icone e le contraddizioni della società contemporanea e che, muovendo dagli Stati Uniti, ha animato anche l'Italia, specialmente dopo la celebre Biennale di Venezia del 1964.
La collettiva muove da un panorama della Pop Art italiana con i grandi protagonisti della corrente, da Mario Schifano a lano Festa, da Mimmo Rotella a Giosetta Fioroni, per poi concentrarsi sull'ambiente milanese con Valerio Adami, Enrico Baj, Paolo Baratella, Gianni Bertini, Fernando De Filippi, Lucio Del Pezzo, Umberto Mariani, Silvio Pasotti, Sergio Sarri, Giangiacomo Spadari, Tino Stefanoni, Emilio Tadini.
L'esposizione evidenzia così i diversi punti di contatto, ma anche e soprattutto le differenze profonde con la Pop Art americana - da qui il sottotitolo "Pop Art e dintorni" - indagando come gli artisti italiani, ed in particolare milanesi, abbiano interpretato originalmente la tendenza, sullo sfondo di un'Italia inquieta che da un lato conosce il boom economico e dall'altro si avvicina ai tempi bui degli "anni di piombo".
Tra le opere esposte si segnalano l'ironico décollage di Rotella Cleopatra Liz(1963), che rimanda ai manifesti dei grandi kolossal cinematografici; la Palma di Schifano dei primi anni 70; Gli occhiali (1968) dalla serie degli argenti di Giosetta Fioroni. Venendo al panorama milanese, ecco gli antropomorfici collage di Baj, tra cui l'inedito Cathérine Desjardins, dite Madame de Villedieu del 1974; il visionario Questo nottambulo di Zorro (I due astronauti) del 1965 di Bertini; il metafisico Archeologia con De Chirico del 1972 di Tadini. E, ancora, Stefanoni propone un inventario di oggetti quotidiani nella loro disarmante ovvietà, come Gli imbuti (1970) e I flaconi (1969), quest'ultimo esposto per la prima volta. Ecco infine i lavori ispirati a temi politici e sociali come Il giorno della presa del 1970 di Baratella; Cuba-Cuba del 1970 di De Filippi; Il grande prestigiatore (Le avventure di Nessuno) del 1967 di Sarri; Gli oggetti ci guardano e passano del 1970 di Umberto Mariani; Garibaldi e sua figlia Delia del 1975 e l'inedita Metropolitana del 1973 di Spadari.

La mostra si completa di un video-documentario con testimonianze e interviste esclusive agli artisti e alla curatrice raccolte da Stefano Sbarbaro.


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Seguono immagini della Inaugurazione mercoledì 3 aprile ore 18.30:


 

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Il percorso si completa con un video documentario di interviste inedite agli artisti.

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La mostra si completa di un video-documentario con testimonianze e interviste esclusive agli artisti e alla curatrice raccolte da Stefano Sbarbaro nella foto con il direttore d'orchestra Massimiliano Caldi.

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Nella foto Mario Mainino con Stefano Sbarbaro

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Nella foto il direttore d'orchestra Massimiliano Caldi con Mario Mainino.

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Tra i visitatori anche il regista Francesco Montemurro

 

 

 

Note tratte dalla cartella stampa ricevuta:

MILANO POP
ELENCO OPERE ESPOSTE qui potete vedere le dimensioni delle singole opere

Pop Art e dintorni nella Milano degli anni '60/70
Mario Schifano, Palma, primi anni 70, smalto e spray su tela, 209x93 cm
Tano Festa, Bicromia del cielo, 1965, olio e smalto su tela, 117x89 cm
Mimmo Rotella, Cleopatra Liz, 1963, décollage su tela, 132x135 cm
Giosetta Fioroni, Gli occhiali, 1968, tecnica mista su tela, 130x85 cm
Valerio Adami, Lo schermo, 1973, acrilico su tela, 89x116 cm
Valerio Adami, Spettacolo all'aperto, 1967, acrilico su tela, 81x100 cm
Valerio Adami, Privacy, 1966, olio su tela, 65x81 cm
Valerio Adami, Bed room scene, 1969, acrilico su tela, 145x114 cm
Enrico Baj, Cathérine Desjardins, dite Madame de Villedieu, 1974, collage su stoffa, 146x114 cm
Enrico Baj, Passeggiata a Central Park, 1969, collage di plastiche, 70x117 cm
Enrico Baj, The large tie, 1968, collage di plastiche su tavola, 138x85 cm
Enrico Baj, Cravatta, 1968, collage di plastiche su tavola, 140x86 cm
Gianni Bertini, Questo nottambulo di Zorro (I due astronauti), 1965, tecnica mista su carta, 70x70 cm
Gianni Bertini, Non sono Castore e Polluce, 1973, fotografia su tela dipinta, 80x60 cm
Gianni Bertini, Pericolosamente, 1976, tecnica mista su tela, 81x60 cm
Gianni Bertini, Teti cicloturista, 1974, fotografia e tecnica mista, 74x50 cm
Lucio Del Pezzo, Mensola oro con sfera rossa e tassello grigio, s.d., tecnica mista su legno, 114x146x7 cm
Lucio Del Pezzo, Piccolo paesaggio, 1962, tecnica mista, 70x60 cm
Lucio Del Pezzo, Pyramid avec eclair, 1968, acrilico su legno, 108x54 cm
Lucio Del Pezzo, Mensola in rosso, 1964, tecnica mista, 100x81 cm
Silvio Pasotti, La civiltà dei consumi, l'epopea del detersivo, 1970, 200x150 cm
Silvio Pasotti, II mostro, 1966, nitro su sagoma di alluminio, 150x100 cm
Silvio Pasotti, Metamorfosi, 1964-1966, nitro su sagoma di alluminio e perspex, 90x67 cm
Silvio Pasotti, La fine di un grande amore, 1969, acrilico su tela, 41x51 cm
Emilio Tadini, Circuito chiuso/La ragazza di stoffa, 1969, acrilico su tela, 160x130 cm
Emilio Tadini, Vita di Voltaire - II salotto, 1967, olio su tela, 91,5x72,5 cm
Emilio Tadini, Archeologia con De Chirico, 1972, olio su tela, 162x130 cm
Emilio Tadini, Il desiderio del pittore, 1976, acrilico su tela, 114x140 cm
Tino Stefanoni, I flaconi 53, 1969, tecnica mista e rilievi su tavola, 100x80 cm
Tino Stefanoni, Gli imbuti, 1970, tecnica mista su tela, 95x80 cm
Tino Stefanoni, Scrivania (piastra guida per la ricerca delle cose), 1971, tecnica mista su ferro 44x64 cm
Tino Stefanoni, Le giacche, 1972, tecnica mista su tela, 70x60 cm
Umberto Mariani, II gatto con gli stivali, 1970, olio su tela, 100x73 cm
Umberto Mariani, Le papillon noir, 1971, olio su tela, 92x73 cm
Umberto Mariani, Gli oggetti ci guardano e passano, 1970, olio su tela, 116x89 cm
Umberto Mariani, Perla salute dell'anima, 1975, acrilico su tela, 92x60,5 cm
Paolo Baratella, Affoga, 1968, tecnica mista e collage su tela, 70x50 cm
Paolo Baratella, La mano rossa, 1968, tecnica mista, 60x50 cm
Paolo Baratella, Il giorno della presa, 1970, tecnica mista, 70x60 cm
Paolo Baratella, Il cimitero del benessere, 1971, tecnica mista e aerografo, 95x95 cm
Remando De Filippi, La messa in questione dei tramiti sociali, 1970, acrilico su tela, 100x100 <
Remando De Filippi, Foresta vergine, 1970, acrilico su tela, 100x100 cm
Fernando De Filippi, Cuba-Cuba, 1970, acrilico su tela, 100x100 cm
Fernando De Filippi, Autobiografie del possibile, 1970, acrilico su tela, 100x100 cm
Giangiacomo Spadari, Garibaldi e sua figlia Clelia, 1975, acrilico su tela, 101x101 cm
Giangiacomo Spadari, Metropolitana, 1973, acrilico su tela, 100x100 cm
Giangiacomo Spadari, Scavatrice, 1971, acrilico su tela, 70x70 cm
Giangiacomo Spadari, Il costruttore, ,1973, acrilico su tela, 100x100 cm
Sergio Sarri, A Sud2 (V.I.P.), 1966, acrilico su tela, 110x100 cm
Sergio Sarri, Pala n° 3 (IIgrande custode), 1970, acrilico su tela, 120x140 cm
Sergio Sarri, Il grande prestigiatore (Le avventure di Nessuno), 1967, acrilico su tela, 120x120
Sergio Sarri, Tavolo di lavoro, 1971, acrilico su tela, 100x100 cm




CINEMA POP
A cura di Elena Pontiggia
Sede Galleria Robilant+Voena, via Fontana 16, Milano
Date 11 aprile - 29 maggio 2019
Inaugurazione mercoledì 10 aprile ore 18.30
Orari lunedì-venerdì ore 10-19
Ingresso libero

Info pubblico Tei. 02 8056179 - paolo@robilantvoena.com

Milano Pop Art

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Importante evento collaterale che accompagna per tutta la sua durata "MILANO POP", la mostra tematica "CINEMA POP" che inaugura mercoledì 10 aprile presso la Galleria Robilant+Voena, in collaborazione con l'Associazione Sergio Sarri e l'Associazione Giangiacomo Spadari. L'esposizione, attraverso una trentina di lavori di Sergio Sarri e Giangiacomo Spadari, intende approfondire un aspetto comune a questi due protagonisti della Pop Art milanese, «attenti entrambi alle modalità espressive del cinema come spunto pittorico», così come rileva la curatrice Elena Pontiggia. Infatti, come la pittura anche il cinema fonda le sue basi sull'immagine; tuttavia, mentre il film la sviluppa nello spazio e nel tempo, l'arte pittorica la cristallizza in un "fotogramma".
Questa la riflessione di partenza che accomuna Sarri e Spadari e li allontana da altri artisti che hanno guardato alla settima arte come riferimento di cultura popolare, fra cui si ricordano Schifano e Rotella, i quali hanno attinto al bacino di immagini dell'universo cinematografico per farne delle icone pop.
Arricchisce l'evento una pubblicazione ispirata alla grafica delle riviste dell'epoca con contributi di Elena Pontiggia, Sergio Sarri e un testo dedicato a Giangiacomo Spadari, in dialogo con immagini di repertorio e delle opere esposte.

Sembra Pop Art, invece non lo è: così Dino Suzzati, nel marzo 1966, titolava una sua recensione. Potrebbe essere un'ideale didascalia anche di questa mostra, se per Pop Art si intende la pittura di Warhol e compagni. Non c'è artista che non abbia preso - subito o gradualmente - le distanze dal movimento americano, accusandolo di essere un inno al consumismo (la parola, tra l'altro, riprendendo le teorie di Victor Lebow - il suo Price competition è del 1955 - iniziava a diffondersi proprio in quegli anni). Ecco, per esempio, il giudizio di Baj: «La Pop Art... partì da premesse ironiche e dissacratorie della società consumistica... Ma poi divenne la monumentalizzazione e la celebrazione di quella società che voleva criticare. [...] In cosa consiste la Pop Art? In una visione enfatizzata dei simboli della vita americana: la bandiera e il tirassegno, l'hamburger, la Campbell Soup; il fumetto ingigantito [...]; le riproduzioni di Marilyn e della sedia elettrica; le lattine di birra; i numeri; gli strumenti di lavoro come asce, martelli e catene; la Coca Cola; il concetto asettico del nudo; l'accozzaglia di ferri vecchi e arrugginiti provenienti dal macchinismo industrialista [...]. L'elenco può allargarsi all'infinito».
A Baj fanno eco un po' tutti gli artisti con cui abbiamo parlato in occasione di questa mostra. «Penso che la Pop Art sia stata la celebrazione del consumismo» dice, tra gli altri, Mariani. E ancora: «lo non pensavo di fare Pop Art, ma qualcosa contro» ricorda De Filippi. «Ho sempre energicamente rifiutato l'appellativo di pop» ha affermato Adami. E Stefanoni amava ripetere un giudizio di Scanavino sulla sua pittura: «Ma quale Pop Art, Tino! La tua è una pittura bizantina, i tuoi oggetti sono icone». Sono tutti rifiuti e distinguo che richiamano alla memoria la reazione di Schifano raccontata da Fulvio Abbate: «'Ma è vero che sei un pittore pop?' E lui prendeva a lamentarsi: 'Non puoi dirmi così, non puoi dirmi così!!!'».
Se il rapporto con la Pop Art statunitense è conflittuale, quello con la Pop Art inglese (ma anche col gruppo francese di Figuration Narrative) è più stretto, come vedremo. Le opere di Hockney o Kitaj, di Hamilton, Caulfield o Tilson, impostate su composizioni più complesse e narrative, su addizioni di elementi, su rimandi letterari e sociali, e in generale più attente alla declinazione del colore, sono più vicine agli artisti milanesi di Lichtenstein o Dine. Il termine "Pop", dunque, va inteso qui in un senso più allargato ed europeo. L'arte propriamente americana esercita anch'essa un influsso profondo, ma il suo linguaggio si carica di significati critici o comunque lontani dall'esaltazione del consumismo che vi si scorge. «Abbiamo assimilato l'alfabeto della Pop Art, quel modo di dipingere immagini popolari, ispiratela! cinema, al fumetto, ecc., ma poi abbiamo espresso concetti completamente diversi, che con la Pop Art non hanno niente a che fare: io ho riflettuto sul sociale, altri sulla politica» precisa Sarri.
Anche l'assonanza di motivi, quando esiste, è tradotta in uno stile più raffinato e mentale. «Con la Pop Art non mancavano punti di contatto continui: quando ti trovi a raccontare il quotidiano, ad esempio le stazioni della metropolitana, la realtà simbolica è la stessa. Diversi, semmai, sono il concetto e la rappresentazione della forma» puntualizza Adami. Del resto nel 1964, l'anno in cui alla Biennale di Venezia si presenta la Pop Art, a Milano si apre la Galleria del Levante di Emilio Bertonati, che fa conoscere in Italia la Nuova Oggettività tedesca e non è priva di influssi sugli artisti milanesi. «La restituzione ottica e quasi tattile della materia che c'è nei miei quadri deriva da lì. [...] A me interessava l'oggetto come era dipinto da Grosz, Dix, Schad» dichiara Mariani.
Nel contesto milanese, poi, agiscono variamente anche altre suggestioni: la lezione della metafisica dechirichiana, col suo mondo di oggetti enigmatici e straniati (Tadini, Archeologia con De Onirico, 1972); la memoria classica del "Novecento" (sia Adami che Mariani e Pasotti sono stati allievi di Funi); l'interesse per il dadaismo e il surrealismo, documentati fin dal 1954 nella galleria di Arturo Schwarz, amico di Breton e Duchamp. È attraverso questi linguaggi alti e concettuali che si assimila la lezione bassa della tendenza americana e si trovano affinità con quella inglese. Nasce così una Pop Art aristocratica, animata da una classicità plebea, da un'anticultura colta, da un mondo di icone apparentemente banali, ma in realtà complesse e segnate da reminiscenze sapienti.

Milano Pop Art

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